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VASARI AUXIMI

 

MASTRI VASARI AUXIMI 1308

ADERISCONO A

 

BOTTEGA N° 2

VIA DELL' ARENGO, 5

OFFAGNA (AN)

APERTURE POMERIDIANE

DAL LUNEDI' AL SABATO

DALLE 15.45 ALLE 19.30

CORSI DI TORNIO E DECORAZIONE


I VASARI AUXIMI DELLA MARCA

Reperti di fittili per l’uso quotidiano domestico dell’Età del Ferro e piceni sono stati rinvenuti durante la costruzione della copertura del centrale “Mercato dei bozzoli” agli inizi del ‘900 e sulle colline circostanti, oltre a numerosi manufatti di età romana. 
Il primo accenno da noi rintracciato relativo al commercio di fittili risale agli Statuti osimani (1308-1342quando, nel 1308,a proposito dei dazi doganali, si fa cenno al commercio di vasellame (Liber IV—r,ubr CLXV)determinandone tariffe e sanzioni per esportazioni e importazioni di “vasorum”…”ire  et reddire versus Anconae, Exii, Humana e Castri Ficardi”. 


Nel volume "Osimo nell'antichità" di Gino Vinicio Gentili, noto archeologo, direttore tra l'altro degli scavi di Piazza Armerina e della famosissima Villa del Casale, sono raffigurati reperti medioevali provenienti dagli scavi in via Guasino negli anni '50. Molto di quel materiale sarebbe ancora sepolto sotto  l'impianto di risalita. La zona, detta oggi "lo Scaricatore", al tempo Fosso delle Lame per via dei frequenti moti franosi che coinvolsero anche parte delle mura romane di cinta, era utilizzata come discarica cittadina e tale fu anche per le numerose botteghe artigiane tra cui quelle dei vasai.

Ritornando agli Statuti trecenteschi, questi decretarono che la legna della selva dell'Aspio-Montegallo, circa 40 ettarifosse riservata alle tre fornaci utilizzate anche dai vasai i quali contribuivano sostanzialmente a formare il commercio cittadino. La presenza costante e massiva delle fornaci nel nostro territorio è suffragata, oltre che dai testi storici, anche dalla presenza di due forme in ferro, sulle tre presenti, usate come standard dimensionale delle misure del "coppo" e del "mattone". Queste forme sono tutt'oggi collocate in basso sulla parte anteriore della  torre civica.   

Dalla Tribuna Araldica (1970) pubblicata in Genova, si legge che ad Osimo risiedette sin dal XIV sec. una famiglia di “maiolicari”: i Buccarelli da Casteldurante. Questa famiglia dovette  avere un certo reddito con la produzione di maioliche tanto che un figlio divenne un noto magistrato, autore di testi giuridici che rimangono pietre miliari,  pure chiamato a governare Napoli.

Con le Riformanze del 11/3/1518 la civica amministrazione stabilì anche la “capacità dell’orcio  in 8 boccali  (c. 16 lt. ) e di 4 boccali per un'ampolla.    

La tesi di laurea di Anita Stramigioli sulla presenza ebraica ad Osimo nel ‘500, cita un tale “Uziele hebreo che esercitò un’attività “...più importante delle precedenti… cioè quella della fabbricazione e vendita dei vasi  fittili"(come risulta dalla storiografia, la ceramica ebbe un grande sviluppo dal ‘300 fino a tutto il 1600).   Lo stesso Uziele chiese di poter costruire una fornace in un posto “fori portas” per poter esercitare l’arte del vasaio (...possa claudere intereius domus et muros cominitatis...in parrocchia S. Petri pro arte figuli excercenda”  - Rif. Vol 28 p. 184. a.1534), richiesta precisata quindici giorni dopo (p. 191).  

Nel 1548 Cipriano Piccolpasso da Casteldurante, oggi Urbania, terra di un'importantissima produzione di ceramiche note in tutta Europa,  termina la più importante opera, publicata postume nel XVIII sec.,  sulla ceramica antica “Li tre libri del vasaio”.   In questi testi egli codificò luoghi e tradizioni ceramiste del centro nord della penisola tra le quali descrisse pure quelle della Marca d’Anchona.  Descrivendo questa zona, Piccolpasso vi identifica fiumi, cave e ne descrive i forni. La descrizione del luogo che ne fa Piccolpasso però verosimilmente quella di Osimo, centro importante della Marca anconetana. L'orografia descritta è però più attinente al territorio osimano, basti pensare che Ancona non ha fiumi.   D'altro canto, Osimo poggia invece su colline di arenaria ed argilla ed ha due fiumi, il Musone e l'Aspio. Piccolpasso fu anche ingegnere militare e sovrintese per un periodo la manutenzione delle fortificazioni di Ancona. Per i mattoni quindi egli non poté non essere entrato in contatto con le fornaci di Osimo e quindi con la Ceramica d’Auximi.    A proposito dei forni Piccolpasso li descrisse così:” ...infornano im piedi, ma a Castello (N.d.R. Città di) e per la Marcha d'Anchona, im boccha, sui pironi”.  Lo stesso testo riporta i colori utilizzati in zona: zallo e zalilino (giallo e azzurrino): questi sono i colori usati anche nella nota maiolica di S.Leopardo custodita presso il museo Diocesano. Di più, Osimo è la città più prossima al porto d'Ancona, nato appunto come porto osimano, in cui facevano scalo le navi dal Mediterraneo orientale recanti seco pietre di lapislazuli che servivano, macinate, a comporre l'azzurro (zalulino). 

Al tempo fu pure concesso di un “bolognino” per fronteggiare una crisi di produzione.

Al catasto osimano del 1554 è riportata la proprietà di tale Mastro Bartholomeo vasaro Ha (ebreo,?).   

Nel secolo successivo è annota l'attività di tale Pietro Bartoli di professione vasaio

Dal censimento della popolazione del 1569, tra le principali occupazioni degli osimani, risulta l’attività di vasaio come pure al tempo del Card. Bichi (1656-1691 ).

All’esposizione Nazionale di Roma del 1889 risulta collocata una “piastrella” raffigurante una Madonna con putto e riportante la scritta “Osimo 1642” (Rivista Misena-Arcevia 1890).

L'aumento considerevole della produzione dei vasai è testimoniata anche nelle Riformanze osimane del 3/6/1645  contenente la delibera di concessione a “doi vasari” per la “macinazione de colori” presso il macinetto comunale, indicando con ciò un aumento significativo della produzione. .

Nel Museo Diocesano si conservano tre piastrelle di cui: una in colori rosso e giallo raffigurante S. Tommaso da Villanova e nell'angolo ha lo stemma del Bichi, l’altra piastrella, con lo stesso stemma, è datata 1681 e rappresenta S. Leopardo e S. Silvestro, una terza, quella cui sopra, pure in giallo e azzurro, riproduce la lamina di S. Leopardo. 

Nelle riformanze del 9/5/1719 viene chiesto alla corporazione dei vasai di dotarsi di un santo protettore e di un gonfalone da integrare con quelli delle altre principali attività artigianali che già sfilavano, in ordine al peso economico, con i rispettivi vessilli in occasione delle feste dietro al Carro di S. Vittore durante la festa padronale.  I vasai osimani decisero che il loro gonfalone dovesse rappresentare S. Paolo e vennero così inseriti al quarto posto.

Una concessione sempre per il macinetto la troviamo emendata anche il 24/7/1738 a tale Lorenzo Bartelloni.   

L’elenco delle attività produttive del 1808 di Osimo, annota: canapa, lana e seta, spazzole e terraglie (vasi), laterizi, ecc.. 

Tra i ceramisti osimani del novecento italiano troviamo Virgilio Carotti (1897), insegnante a Civita Castellana, Sulmona, Lecce e Roma. Fondò negli anni '50 l'industria della ceramica fiorentina CARBEL.

Ceramista novecentesco fu pure il noto Elmo Cappannari (Osimo, 1923 - 1997 ) e, successivamente, Diego Pericoli, Giampaolo Bellaspiga e Franco Torcianti.  

Nel giugno del 2016, sotto il loggiato del Palazzo del Comune, già palazzo del Magistrato, sono stati ritrovati gli ultimi reperti di prodotti ceramici databili attorno tra il  XIV ed il XV sec. mentre molti altri sono stati ritrovati in Via Guasino negli anni '50 e custoditi nei depositi dalla Sovrintendenza di Ancona. 

Dalla scoperta della fornace di Via Pavarotti si desume che molti dei nobili proprietari terrieri, essendo facilmente reperibile sui propri terreni la materia prima, costruissero fornacette per le numerose case coloniche che edificavano sui propri  latifondi.













Supplica di Uziele ebreo per allargare la propria fornace.       



Catasto urbano di Osimo 1554 con le proprietà di Bartholomeo vasaro






supplica al Comune di Osimo di "doi vasari" per poter macinare i colori al mulino municipale















  foto dell'imboccatura della fornace settecentesca Fiorenzi

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